Consulta: no all'immunità per Bossi e Sgarbi

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Umberto Bossi

(© Ansa) Umberto Bossi

Saranno i 150 anni dell'Unità d'Italia: a 14 anni dalla celebre frase «Io col tricolore mi ci pulisco il c... », pronunciata da Umberto Bossi in un comizio elettorale, la Corte Costituzionale dà ragione al giudice che lo aveva condannato per vilipendio alla bandiera. La Consulta ha infatti, annullato, con una sentenza pubblicata il 16 dicembre 2011, la delibera con la quale la Camera aveva dichiarato coperte da immunità parlamentare alcune dichiarazioni con le quali il Senatùr nel 2008 aveva pesantemente criticato il giudice di Cantù, Paola Braggion, che lo aveva condannato per vilipendio della bandiera.
«RELITTI GIURIDICI» E «FURTO ALLO STIPENDIO». I fatti risalgono al 26 luglio 1997, quando nel corso di un comizio a Cabiate (Como) Bossi si riferisce alla bandiera tricolore che sventolava su una scuola vicina, affermando: «quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il c...». Nel 2001 il leader della Lega era stato condannato a un anno e quattro mesi per vilipendio della bandiera dal giudice Braggion. Nei giorni seguenti il Senatùr in diverse interviste si era scagliato contro il magistrato accusandola: di strumentalizzare il proprio ufficio per incidere sulla competizione politica, di approfittare di un processo politico per ricavarne visibilità e di utilizzare «relitti giuridici» con perdita di tempo e «furto dello stipendio». Per tutta risposta il giudice ha chiesto il risarcimento danni e la Corte d'appello di Brescia aveva condannato il leader del Carroccio a pagare 40mila euro al magistrato. Il Senatùr ha impugnato la sentenza. Ma a giugno la Camera aveva adottato la delibera per definire insindacabili le sue parole in quanto espresse «nell'esercizio delle funzioni parlamentari». La Cassazione ha sollevato il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera e ora la Consulta lo ha accolto, escludendo l'immunità parlamentare.
E ANCHE SGARBI SENZA IMMUNITÀ. E sempre il 16 dicembre i giudici costituzionali hanno rinviato al mittente anche la richiesta di immunità per Vittorio Sgarbi nel processo a suo carico per diffamazione aggravata nei confronti del procuratore di Torino Giancarlo Caselli. Nel 2001, il critico d'arte - allora deputato - criticò pesantemente Caselli nel corso di una trasmissione televisiva per il processo Andreotti: «deve ridare allo Stato i soldi», disse Sgrabi, «i duecento miliardi spesi per l'inchiesta». Si è aperto quindi un processo, ma anche qui è arrivato l'aiuto di Montecitorio che nel 2007 ha dichiarato le parole di Sgarbi insindacabili in quanto - indovina un po'? - «pronunciate nel'esercizio delle sue funzioni parlamentari». La Corte d'appello di Milano ha però sollevato un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera e la Consulta ha dichiarato fondato il ricorso, sottolineando la mancanza di nesso tra le dichiarazioni incriminate dell'ex deputato e quelle espresse nelle sue funzioni di membro del parlamento. La delibera adottata dalla Camera è quindi annullata e il processo contro Sgarbi  può ora riprendere.

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